Arte Velardiniellana in Letizia Caiazzo
Atti del libero convegno di studi sull'artista promosso dall'Accademia Velardiniello di Capri
La semiologa e fondatrice donna Teresa D'Amico ha avuto a dire sulla creazione visiva di Letizia Caiazzo:
"E' una vera e propria scoperta della cultura dei nostri maestri di strada che fanno sacrifici quotidiani pur di farsi raccomandare da quel carrozzone partitocratico che nulla sa della politica formativa ed è veramente difficile farsi accettare da questa società consumistica, la quale sfrutta solo gli sconosciuti, ma premia chi spesso vive di abusi commerciali o di conoscenze che poco o nulla sanno di semasiologia del loro messaggio.
Ebbene io posso dire che nella sua trasmissione di segno e tratteggio, fatto per giunta da una donna sensibile qual è lei, insegnante di una fascia d'età la più difficile e lì, in quelle immagini che sembrano mobili si vede la sua formazione pedagogica, di sapersi relazionare come con autostima ed empatia, così col colore,in una delicata fusione di chiaroscuri e di ombre e timbri forti,illustrando passo dopo passo la sua vita a mò di Velardiniello nel Cinquecento campano.
"Giuseppe Zolfino grande museco nfra li maste del '600 napoletano, autore della trilogia Storia a stanze de'100 ann'arreto, Farcza de'li massari e lamiento
ed infine Licenzuose Octave maravigliuose vuol fare un'analisi tra le opere di Letizia Caiazzo cittadina elettiva sorrentina:
"Ecco in lei si sposano,come una dettagliata o si vede come nella sua eterna passio:grafica e fotografia in analisi del tema come di riscoperta del personaggio,per dare una nuova interpretazione della visione secondo il gusto di qualsiasi osservatore,lasciando un commento libero di interpretarlo ognuno cosi come dice la sua indole formativa.
Invece il prof. Giuseppe D'Amico intravede un senso mistico di coscienza e fede,tra una ruggine di diverbio sacrale e profano di identificar la vita meccanistica coi suoi valori naturali,quasi innati,per dirla alla Jacques Maritain di neoumanesimo integrale: ecco che pathos e thanatos si sublimano nel suo studio delle sue opere fatte quotidianamente di rielaborazione viva e di confronto diretto con il proprio estro,senza aver bisogno di tema nel copiar da un qualsiasi talento sia nell'arte che nella cultura perché ella sportivamente vuole spettacolarizzare le sue creazioni,per farne evincere dramma e commedia come nelle 3 categorie aristoteliche di spazio,tempo ed actio.
La prof.Carmela Trimarchi suggerisce per chi osserva le sue opere,che deve mirarle e rimirarle per ritrovar sempre nuovi spunti critici affinché vita e mito vogliono offrire quella vera ricerca dell'identità culturale che ha un proprio substrato della analisi dei bisogni e dell'origine di provenienza diversa da ognuno che le guarda con sospetto o con ardore da tale impressione recepita e che vuole tramandare.
Salvatore Zolfino non sa far altro che elencare le opere secondo un senso biografico od ancor una retrospettiva di abito professionale e formativo,seguendo un excursus che si spazia e si dilata nel tempo,tra un motivo rappresentativo, un'actio drammatizzante ed anche forse direi soprattutto un lirismo produttivo di bisogno di vivere e necessità per sopravvivere,affinché queste opere siano libere e autonome,non dipendenti dalla mano della creatrice, ma dall'animus dell'utente indagatore di quell'osservazione che si ripete per forma e sostanza in stile,appartenenza,presenza storica.
Il dottor Antonio D'Amico conclude questa prolusione in chiave semasiologica su Letizia Caiazzo definendola come Velardiniello per il suo autodidattismo mecenatico,che fa corrente e che soprattutto è storia di civiltà e di costume campano,dove si muove timidamente,nella bolgia dell'arte ufficiale sol di sponsor che fanno presa bruciando le tappe della vita,in un momento glorioso di fama,ma poi finiscono nel dimenticatoio per fame di aver perso la pubblicità: ecco Letizia Caiazzo Velardiniellana è genuina,eterna come altrettanto lungimirante è la poesia che ne scaturisce dalla sua arte e il messaggio come suo testamento spirituale.
Aldo Zolfino
27 marzo 2010