Tra sogno e realtà
Che cosa è la poesia, cosa l’arte, come cambiano nel tempo il concetto e la percezione del bello e dell’armonico?
E il brutto e deforme, davvero può ispirare o diventare arte? Ma come nasce un’opera d’arte, e quali ne sono gli ingredienti? E l’artista? Artista si nasce o si diventa? Quanto conta la creatività e quanto la tecnica? Quanto l’immaginazione e la fantasia, quanto le esperienze reali? Domande antiche, domande nuove, domande che l’opera di Letizia Caiazzo suscita anche nel fruitore meno esperto. Eh si, perché quando si parla di prodotti artistici al centro c’è l’opera, ma un’importanza non secondaria ce l’hanno l’artista che l’ha creata e il fruitore che quell’opera l’ha incontrata.
Letizia Caiazzo vive a Sorrento, ed è stata insegnante della scuola primaria. Probabilmente anche il rapporto con i bambini l’ha aiutata a maturare quello sguardo fantastico che come in un’atmosfera di sogno si coglie in molti suoi quadri. Viene alla mente uno dei grandi poeti italiani del ‘900, Giorgio Caproni, insegnante elementare anche lui. Letizia Caiazzo ha assecondato l’ispirazione artistica soprattutto grazie al tempo liberatole con la pensione, dedicandosi a una forma d’arte moderna, la digital art, rielaborazione di immagini attraverso il computer, poi stampate su tela. Ha realizzato mostre, ha avuto premi e segnalazioni. Ha trovato particolare apprezzamento, oltre che nelle persone di cultura, nei giovani, che tra i “fruitori” della sua opera sono forse quelli che hanno i codici più adatti per comprenderla. I suoi quadri propongono immagini della realtà ricavate da stampe o cartoline, o inventate dall’autrice, e poi rielaborate alla tastiera. Potremmo definirli un pezzetto di realtà trasfigurata dall’occhio dell’artista, che opera non più nella bottega di un tempo, ma nel moderno laboratorio tecnologico. In queste opere c’è dunque il frutto della sensibilità –tipicamente femminile- dell’artista, del suo immaginario e della sua qualità introspettiva, che incontrandosi con una moderna tecnica crea opere originali. Tra i soggetti si trovano squarci di paesaggi, una finestra in dettaglio, figure femminili, le bimbe in un angolo di un paese che sembra sospeso, e che potrebbe appartenere ad ogni dove e ad ogni tempo, oppure essere solo l’immagine di un sogno.
Altri quadri sono intitolati ai sentimenti, come. il torpore incarnato in una languida donna, o l’inquietudine, che prende la forma di un cavallo in corsa sullo sfondo del mare. A soggetti in partenza più naturalistici si accompagnano forme più astratte, come in Onde, a soggetti umani come il torero o i ballerini di tango, soggetti naturali come i suggestivi fiori rossi che sembrano nascere dalle onde marine.
Un elemento che sembra accomunare molte tele è una luce che interviene a illuminare i contorni se non di tutta l’immagine, almeno di una parte, di un dettaglio, sfumandone i contorni, e modificandone i tratti realistici che magari persistono nel resto del quadro. Nella violoncellista la luce del sogno illumina il violoncello posto al fianco di una fanciulla sospesa, dalle gambe piegate. Sullo sfondo la facciata di un antico palazzo, una bicicletta poggiata in un angolo, la statua –manco a dirlo- di un violoncellista con il suo strumento.
Tutto abbastanza realistico, se non fosse per i colori, tra il giallo, il viola e il verde che avvolgono la scena. Immagini fantastiche la ragazzina sospesa nel nulla e soprattutto il violoncello che le è accanto –quanto diverso da quello nelle mani dell’uomo della statua-. Sulle corde un filo di luce: è la bacchetta, mossa da una mano anch’essa di luce, come un’ombra che chissà da dove arriva. Ecco il sogno e la realtà che si incontrano, ecco quell’atmosfera di reale e surreale che convivono, frutto di un’introspezione e contemporaneamente invito all’introspezione.
Chissà cosa leggerebbe un critico psicanalitico in queste tele…. Ma l’arte, si sa, è per ciascuno ciò che riesce a cogliervi.
Vania De Luca
3 febbraio 2011