Parlare ad un artista vecchio stampo di pittura digitale, arte digitale, arte visiva oppure utilizzare i termini di bitmap, 3D, fotoritocco e così via può sembrare un’eresia eppure oggi le moderne generazioni hanno vasta familiarità con questi concetti.
Un notevole contributo viene dall’artista sorrentina Letizia Caiazzo, reduce da un importante successo di critica e di pubblico con le recenti Suggestioni, emozioni, atmosfere presentate al Chiostro di San Francesco. (Sorrento)
L’assunto di partenza è sicuramente concettuale: le tavolozze dei colori hanno una gamma vastissima, e pressoché infinita di scelte possibili; i numerosi software creati appositamente possiedono ormai una vastissima libreria di pennelli, tratti e tecniche di ogni tipo.
Non si tratta certo di giustificarsi perché l’utilizzo di tecniche innovative è da un lato foriero di uno sviluppo ulteriore della ricerca artistica, dall’altro la complessità della società e di converso della realtà impongono strumenti nuovi di indagine e ricerca ermeneutica.
Certo: dalla sperimentazione di Ben Laposky e Manfred Frank all’arte digitale il cammino seguito è sempre quello dell’arte come strumento di conoscenza e dell’artista, artista vero, che estroietta sulla tela, sul tondo di ceramica, sul sacco di canapa, sulla carta, sul cartone, su di una colonna di cartongesso, con l’elaborazione della computer grafica, insomma dove e come meglio crede, i sentimenti, le emozioni, le ansie, le gioie, le tristezze che si sedimentano nell’anima e che l’ispirazione fa eruttare nell’opera d’arte.
Letizia Caiazzo, in questo processo di sincretismo straordinario, intepreta la modernità, rivisitando le sue passioni, amplificando il dettato pittorico attraverso l’elaborazione dell’immagine fatta al computer e poi stampata su tela, con una profondità di analisi assolutamente empatica ed il fruitore dell’opera sua non può che essere catturato dalla narrazione visiva, dalle sue emozioni forti e sincere che aprono una nuova dimensione della realtà, un approccio diverso alla quotidianità in cui si annidano tratti che rimandano ad altro, a quell’oltre di cui spesso non ci rendiamo conto.
Massimo Pasqualone
3 marzo 2009